Allegato: Ordinazione diaconale Nicolò Dalla Riva
III domenica di Quaresima 2025
Ordinazione diaconale di Nicolò Dalla Riva
(Es 31-8a.13-15; Sal 102; 1 Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9)
Illasi, sabato 22 marzo 2025
“Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò»”. La presenza del fico in una vigna risulta anomala. Abituati come siamo a una mentalità che vede la produzione e il guadagno al primo posto, quindi a una coltivazione intensiva che sfrutti ogni metro quadrato di terra, la presenza di un albero estraneo può apparire uno spreco. Al contrario, ai tempi di Gesù, ma anche prima, era frequente trovare un albero di fichi tra le viti ed era sinonimo di pace e prosperità. In ogni caso, la vigna e il fico stanno in un terreno unico che ha bisogno di cura. Fuor di metafora la cura è l’altro nome del diaconato che stai per ricevere, caro Nicolò. Due sono i compiti che la cura dell’umanità comporta per la vita del diacono: l’Evangelium, cioè l’annuncio del Vangelo, in tutte le forme e a tutti i livelli, e la Caritas, cioè quel servizio che nell’amore di Gesù Cristo si rivolge al dolore e alle necessità di questo mondo. Così la Chiesa cura quel terreno che è l’umanità, da cui attendersi frutti di vita rinnovata.
“Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?»”. Il ragionamento del padrone della vigna è ineccepibile. Se per tre anni il fico ha inutilmente sfruttato il terreno è tempo di tagliarlo. Non sfugge in questa parabola l’allusione al ministero di Gesù che “a testa bassa” ormai procede verso Gerusalemme, senza aver ottenuto alcun “cambiamento” dai suoi interlocutori di ieri e di oggi. Anche a te, caro Nicolò capiterà qualche volta di sentirti inutile; peggio, del tutto invisibile rispetto a quelli per cui ti dedichi “anima e corpo” (vedi la tua promessa di celibato). Potrai registrare sicuramente insuccessi e fallimenti che porteranno anche te a concludere che evangelizzare oggi non è impossibile. Semplicemente è inutile. Per questo sarai tentato di abbandonare il fico al suo destino, cioè di mollare la gente.
“Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai». “Taglialo”, dice il padrone della vigna. “No, lascialo”, replica il contadino. Che alla fine chiude così: “Tu lo taglierai, non io!”. Questa tensione tra il padrone e il contadino rivela quale sia il volto di Dio. Quello ovviamente del contadino che sa attendere e ancora una volta offre un’opportunità. Questa è la conversione da operare nel nostro immaginario di Dio che trasforma anche il nostro approccio agli altri. Non rassegnarsi ai fallimenti ma spingere perché ogni mattina si ricominci daccapo. Urgenza e pazienza, minaccia e incoraggiamento non si contraddicono. Nessun rimedio è lecito, ma neppure è consentito rassegnarsi o disperarsi. L’augurio, caro Nicolò, è che tu sappia tenere in equilibrio urgenza e pazienza. Urgenza che richiede impulso, furore e velocità e pazienza che richiede lentezza, costanza e sforzo. Mai l’una senza l’altra. Come fa Dio con noi.