Allegato: Battesimo del Signore 2025 a Vigo di Legnago
Battesimo del Signore 2025
Vigo di Legnago, domenica 12 gennaio 2025
(Is 40, 1-5.9-11; Sl 103; Tt 2, 11-14: 3, 4-7; Lc 3, 15-16.21-22)
“Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me”. Giovanni non è soltanto una persona integra che evita di cavalcare il facile consenso di chi lo confonde col Messia. La sua è una consapevolezza più tragica e insieme più lucida: per quanto l’uomo si dia da fare per mettere ordine nella propria vita non basta. C’è un fare, per quanto animato da buona volontà, che rischia di essere sempre una ripulitura esteriore senza lasciare alcun segno di reale cambiamento. Ci vuole ben altro. Per questo ammette: “Ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”. Ciò che farà la differenza è che “egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”, cioè a partire da un altro punto di vista che non è semplicemente materiale, terreno, contingente. Non è un caso che quelli che affollano le rive del Giordano siano per lo più peccatori incalliti, segnati a dito (prostitute e peccatori) e non tanto uomini religiosi. Per sentirsi peccatori, cioè bisognosi di salvezza, bisogna sperimentare il nostro fallimento, l’ansia che nasce da una vita scombussolata. E poi quello che accade sulle rive del fiume Giordano.
“Il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»”. Tre dati vanno decodificati di questa scena irripetibile.
Il cielo che si apre, la colomba che scende e la voce che si ode sono i segni di una novità che costringe a rivedere tutto. Il cielo aperto è un’emozione che ci lascia sempre sorpresi e contenti, ma è la prova che Dio esiste. Anzi, ci si fa incontro, dietro la cortina delle nubi e la tristezza della pioggia. In realtà il cielo è sopra di noi, ma quando è chiuso siamo impediti dall’accorgercene. Di fatto, quando è chiuso il cielo produce non solo emicrania, ma anche una vena di depressione e di stanchezza che fa sentire come ‘topi in gabbia’. Solo quando il cielo si apre su di noi ritroviamo la fiducia.
La colomba che scende aggiunge una sfumatura alla bellezza della terra che non è più chiusa in sé stessa. Suggerisce che non siamo noi a dover andare in alto, ma è Dio che feconda la terra grazie a quel Figlio, del quale la voce dice: “In te ho posto il mio compiacimento”. Non basta il cielo aperto se non percepiamo che la figliolanza è la via per ritrovare noi stessi. Di qui può nascere allora un nuovo stile di vita all’insegna della sobrietà, della giustizia e della pietà. La sobrietà di chi non deve più strafare perché non sono le cose ma quello che sei a dar sapore e gusto. La giustizia, cioè un diverso rapporto con gli altri, perché non basta cavarsela da soli se non riusciamo a vivere con gli altri. E la pietà che vuol dire la tenerezza di percepire Dio in tutte le cose e così il mondo ritrova il suo incanto. Come è stato per il giovane Carlo Acutis che ha vissuto, sentendosi “figlio prediletto”. Non più “figlio di un dio minore”.