Sono rientrati a Verona sabato 27 luglio i sette componenti della delegazione diocesana in Terra Santa dopo che celebrato, di buon mattino, l’Eucarestia al Santo Sepolcro e a ver riconsegnato nelle braccia di Cristo Risorto i tanti volti incontrati e la sofferenza di una terra dilaniata nel profondo da un conflitto di cui non si vede ancora la via d’uscita.
Per ascoltare anche l’esperienza di chi da anni cerca di costruire una possibilità di pace e uguali diritti per israeliani e arabi, nella giornata di venerdì 26 luglio la delegazione si è recata a Wahat al-Salam – Neve Shalom che in arabo ed ebraico significa Oasi di Pace. Si tratta di un villaggio in Israele, posto a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv, fondato nel 1970, all’indomani della guerra dei sei giorni del 1967, dall’intuizione del padre domenicano Bruno Hussar che aveva origini ebraiche e una lunga esperienza di dialogo ecumenico avvalorata dalla partecipazione al Concilio Vaticano II in cui il suo contributo fu determinante per la formulazione della celeberrima Dichiarazione sugli ebrei incorporata nella “Nostra Aetate”. Il villaggio è composto circa da 70 famiglie israeliane, metà arabe e metà ebree, che vivono il reciproco rispetto e la cooperazione durante la vita di tutti i giorni, rimanendo, ogni persona, fedele alla propria identità nazionale, culturale e religiosa sia essa ebraica, islamica o cristiana. Hanno accolto la delegazione Shireen Najjar, esperta in mediazione nel conflitto, una donna araba israeliana musulmana, nata 42 anni fa da una delle prime famiglie del villaggio affiancata da Samah Salaime, nota attivista femminista palestinese e scrittrice assieme a un altro membro della comunità. Oggetto del dialogo, assieme alla storia del villaggio, sono state soprattutto le difficoltà sempre maggiori che gli abitanti di Wahat al-Salam – Neve Shalom incontrano a causa dell’inasprirsi dei rapporti interni alla società israeliana. Nel villaggio esiste una delle poche scuole dell’infanzia che va dall’asilo alla sesta elementare, completamente bilingue, con uguali ore di lezione in arabo ed ebraico a cui possono iscriversi anche le famiglie dei dintorni che ne fanno richiesta e una Scuola per la Pace che lavora con gli adulti per accrescere la consapevolezza della complessità del conflitto e trovare via di dialogo e mediazione per la comprensione reciproca tra palestinesi ed ebrei.
Il villaggio palestinese/ebraico, che negli anni scorsi è stato ripetutamente attaccato da estremisti di destra israeliani degli insediamenti che hanno incendiato anche alcune strutture della comunità, dal 7 ottobre ha dovuto far fronte alla spaccatura sociale che il conflitto ha generato e che ha inevitabilmente toccato anche i residenti del villaggio, dove ciascuno ha dovuto sforzarsi di rimanere connesso al dolore dell’altro, di riconoscerlo pur nutrendo il desiderio che la stessa compassione venga usata nei confronti del proprio dolore, del proprio trauma.
In una tappa fuori programma il gruppo ha visitato Saxum , il Visitor Center inaugurato nel 2019 ad Abu Ghosh per volontà di amici e sostenitori dell’Opus Dei. Il centro vuole offrire ai pellegrini una sosta, lungo la strada che scende verso l’aeroporto, prima della partenza, per ricomprendere e ricomporre il puzzle di luoghi e narrazioni visti e ascoltate nel pellegrinaggio, con un approfondimento degli aspetti storici, religiosi e geografici della Terra Santa proposto attraverso ricostruzioni digitali e video immersivi. La direttrice del centro Almodena Romero che ha accolto con sorpresa l’inaspettata delegazione, ha raccontato che il entro, in questi mesi che hanno visto l’assenza dei pellegrini, è stato visitato dai locali, compresi ebrei. L’invito a tornare in Terra Santa perché la presenza dei pellegrini possa essere segno di speranza concreta per tutti.
La giornata si è conclusa a Gerusalemme, ai piedi del Monte degli Ulivi, nella proprietà francescana del Romitaggio del Getsemani dove il gruppo è stato accolto da fra Diego Fella Gassa. È questo il luogo in cui il Signore ha chiesto ai suoi apostoli di fermarsi e pregare e dove l’invocazione per la Pace si alza incessante, soprattutto adesso che sembra essere l’ora più buia in cui il male sembra prevalere e dominare i cuori dei due popoli.