Tutti i santi e defunti

Siamo fatti per vivere

1 novembre

Il vescovo Domenico Pompili nella solennità di Tutti i Santi ha presieduto la celebrazione eucaristica presso il Cimitero monumentale di Verona e poi benedetto le tombe.

Nell’introdurre la celebrazione ha ricordato come questa Solennità è un’occasione per alimentare la speranza della vita eterna. Facendo poi un parallelo con le stagioni ha sottolineato come, proprio in un tempo in cui tuto sembra parlare di conclusione, di un farsi breve della luce, la Chiesa da sempre “si ritrova a far memoria di quelli che fisicamente non sono più tra noi; questo ci dice da un lato la brevità dell’esistenza e dall’altro anche la sua bellezza“. Quindi ha aggiunto: “I credenti non vanno ai sepolcri semplicemente per onorarne la memoria, ma anche per cercare insieme la speranza cristiana”. Ha poi ricordato come la Parola di Dio sia l’unica in grado di trasformare l’enigma della morte in un mistero, che con Gesù possiamo attraversare”.

Nell’omelia, commentando la pagina della lettera di San Giovanni proposta dalla liturgia, ha fatto emergere come in tutti abiti una domanda: “Cosa c’è dopo?“. Ha però precisato: “Il problema non è sapere cosa fare dopo la vita, ma cosa sarà della vita dopo la morte. La Solennità di Tutti i santi prova ad orientare a una risposta a questa domanda: della morte ai nostri giorni non si parla – viene censurata o imbellettata – ma la domanda rimane, non la possiamo evitare, perché la posta in gioco è enorme”. Ha aggiunto come dentro di noi ci sia una sorta di istinto che ci porta a rifiutare di fermare tutto all’idea che finisce ogni cosa un metro sotto terra e a vedere la morte come un’ingiustizia perché “noi non siamo fatti per morire, ma siamo fatti per vivere“. Riferendosi poi alla pagina dell’Apocalisse, ha mostrato come la rivelazione è “che saremo, saremo tanti”.

Ha, poi,  invitato a guardare alla novità di Gesù di Nazareth che “ci insegna come vivere la morte e in particolare a non evitarla, ma ad attraversarla”. Gli evangelisti raccontano come lui “non ha voluto morire, è passato attraverso come tutti gli umani, volendo il contrario. Non vuole morire, ma si affida e questo affidamento placido al Padre è ciò che dobbiamo imparare, questa è la fede. Credere è soprattutto scommettere come noi non siamo come toppi in gabbia ma come crisalide che deve sbocciare, venir fuori, al volo della vita”.

 

 

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