Pellegrinaggio

Perché abbondiate nella speranza

Messa in San Pietro

Il migliaio di veronesi hanno vissuto il culmine del pellegrinaggio giubilare diocesano con la Messa presieduta dal vescovo Domenico Pompili presso l’altare della confessione nella basilica di San Pietro.

Animata nel canto dal Coro Avesca, ha visto in prima fila l’Unitalsi e i circa 40 preti veronesi, tra cui coloro che svolgono il loro ministero a Roma.

Nella solennità della Conversione di San Paolo, il Vescovo ha detto come quel momento decisivo dell’apostolo abbia da dire molto anche a noi oggi.

Come prima cosa un aspetto che lo accomuna ai pellegrini veronesi, ovvero che “la chiamata o la conversione dell’Apostolo avvenga mentre era in viaggio. Paolo fu in effetti un giramondo dell’antichità, con una presenza continuativa e sporadica in centri urbani tra loro distanti come Antiochia in Siria, Efeso in Asia Minore, Filippi, Corinto e Atene in Grecia; il suo girovagare ebbe una meta come quella di Pietro: Roma, la capitale dell’Impero di allora. Paolo fece dunque innumerevoli viaggi, ma sempre in funzione dei suoi progetti missionari. Tuttavia quello che si aprì per Paolo, a metà di quella strada per Damasco fu un viaggio imprevedibile, destinato a cambiarli i connotati e a cambiarli all’incipiente cristianesimo delle origini”.

Quindi ha specificato: “Sulla via di Damasco si compie dunque una metamorfosi che cambia il modo di credere e la maniera di vivere di Paolo. Nulla sarà più come prima e quell’incontro travolgente farà di Paolo un pellegrino e non più un viaggiatore per caso. Da Pellegrino Paolo saprà guardare in modo nuovo e originale a Dio, agli altri, a sé stesso”.

Sul primo aspetto ha detto che Paolo da quel momento ha cambiato l’accesso a Dio e la radice della speranza, perché ha incontrato Gesù Cristo, il Risorto e il Salvatore.

Il cambiamento riguardo lo sguardo sul mondo riguarda il fatto che da quel momento “Paolo si prende il rischio di guardare alla città con la libertà di avvicinare chi è lontano, di riunire nel medesimo corpo sociale le differenze” ponendo le basi “dell’uguaglianza e della fratellanza da cui emerge una società aperta e non chiusa, ma separa per la prima volta la religione dalla cultura. Non si crede più in base alle appartenenze politiche o geografiche, ma in base ad una scelera libera e consapevole”.

La metamorfosi dentro di sé lo porta a non percepirsi più “come condannato dalla Legge, ma salvato dalla Grazia. Non più sotto il segno della morte, ma della speranza”.

L’invito del vescovo Domenico ai pellegrini della Chiesa scaligera è vivere la speranza che “ha un’onda lunga perché è riferita al futuro di Dio, ma non cessa di essere riferita al presente in cammino, un processo sempre aperto, all’insegna ormai della magnanimità, della dolcezza, dell’amabilità, della pace, della preghiera, della gioia“.

A ciascuno giunto nella capitale, è rivolto l’invito di San Pietro ai primi cristiani: “Il Dio della speranza vi riempia nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo”.

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