Nuova pagina del diario di viaggio dal Mozambico dei giovani veronesi; i partecipanti sono impegnati nel campo di missione e servizio promosso da Centro di pastorale adolescenti e giovani e Centro missionario diocesano. Ecco una nuova riflessione che dalla terra africana hanno scelto di condividere con la Chiesa di Verona.
Dopo due settimane di immersione in Mozambico tante sensazioni, tanti pensieri si sono agitati dentro di noi. Tutto qui è così colorato e vivo.
Ogni incontro è motivo di danza, i makua ridono tanto, ridono sguaiatamente, la chiesa si tinge di mille colori assieme a loro. Questa è la terra dei bambini, della spontaneità.
È anche una terra di giovani con pochissima speranza nel futuro. Essi sono consapevoli di essere intrappolati in un sistema corrotto, in cui, se non possiedi abbastanza soldi, non hai prospettive di lavoro o emancipazione, se non avere numerosi figli già a 25 anni ed un impiego da contadino per i più.
Al tempo stesso, in questi giorni abbiamo conosciuto il desiderio di imparare a leggere e scrivere delle donne dei centri di alfabetizzazione, che determinate, anche a 30 anni, trovano il modo di incontrarsi tre pomeriggi a settimana col figlio in spalla e un quadernino in mano. Partecipando all’incontro diocesano dei gruppi di infanzia missionaria, qui a Namahaca, ci siamo uniti nel gioco e nella reciprocità con gli animatori locali.
Ciò che più ci affascina è la visceralità delle relazioni, tra queste persone come anche di noi giovani con loro. Non è stata necessaria la condivisione della lingua per fidarsi e far intendere la bontà reciproca inizialmente. Sono giorni di sguardi, sorrisi e strette di mano fortissime.
Siamo dall’altra parte del mondo, di notte sulla testa ci brilla la Croce del Sud, durante ogni pasto mangiamo scima, riso e fagioli; fino a pochissime settimane fa eravamo 10 sconosciuti, eppure, nessuno vorrebbe essere in qualunque altro luogo se non questo.