«Sentinella, quanto resta della notte?». Un brevissimo oracolo del profeta Isaia (21,11-12), uno dei testi più enigmatici della Bibbia, delinea la figura della sentinella, presentata come chi, anche nella notte, sa custodire l’alba che attende, non ne smarrisce l’orizzonte, ha la certezza che presto il sole tornerà a sorgere per rischiarare le tenebre. Per il suo compito, la sentinella non vive questa attesa solamente per sé, ma guarda l’orizzonte cogliendo i segni dell’albeggiare per annunciarlo agli abitanti della città.
Non siamo in grado di ricostruire quale fosse il preciso senso originario di questo oracolo, probabilmente in esilio a Babilonia e viene chiesto al profeta quanto tempo occorre ancora aspettare per essere liberati dal giogo babilonese simboleggiato dalla notte. La sentinella risponde che il mattino si sta avvicinando, che questa speranza è fragile per il tornare della notte, ma che comunque si può mantenere viva la speranza, continuando a domandare e a decidere di cambiare.
Non si sa chi ponga la domanda, ma essa non proviene da Israele: la sentinella non è solo ai confini della città, ma anche del Paese, protesa verso una terra straniera; è lì, come un ponte tra due terre, e si rende raggiungibile da chiunque la cerca e la interroga.
La domanda è un appello drammatico; chi interroga si sente coinvolto nel difficile compito che spetta alla sentinella; è posta due volte perché è serio e urgente domandare, perché la questione riguarda tutti, con modalità differenti e perché non ci si può accontentare di una facile risposta.
Tuttavia, in ebraico manca il verbo “restare” e, se la si traduce letteralmente, la frase suona: «Sentinella che cosa dalla notte?».
Il senso della domanda riguarda allora che cosa sta avvenendo nella notte e se si sono scorte novità. Questo è, infatti, il ruolo della sentinella: occorre indagare sulla notte, che permane come luogo sapienziale per discernere il contenuto di un annuncio. La notte è luogo propizio per porsi domande e avviare un cammino di ritorno all’essenziale.
La domanda pone la necessità di acquisire uno sguardo lucido, secondo verità per l’oggi. Si tratta di incominciare un vero e proprio cammino che permette di inoltrarsi nell’inedito, nella luminosità di un oggi incipiente, che porta con sé una difficile speranza. Questo atto di porre un interrogativo è testimonianza sapienziale della scelta di uscire dalla paura, che genera ansietà e non permette di intravvedere il bello e il buono che ci viene incontro.
Nella sua risposta la sentinella dice di riuscire a vedere che il mattino è già arrivato, anche se è ancora notte e la percezione è ancora quella di essere in un tempo di crisi. Esiste la possibilità concreta di una soluzione al dramma, che è già cominciata e che colui che osserva può vedere e comunicare, per donare speranza attraverso una nuova percezione della realtà.
Ma la risposta non è definitiva. La domanda riguardava la relazione tra il mattino e la notte, ed evidentemente la risposta della sentinella non può esaurirla. Essa apre un dialogo, la sua risposta è un invito a introdurre nuove domande, a ritornare ad interpellare, senza la fretta di trovare rimedi facili e senza alimentare inutili ansietà che generano delusione, pessimismo e paralisi nelle scelte.
La sentinella è un credente che, a motivo dell’esperienza profonda di Dio, diventa capace, nella notte, di sostenere insieme a tutti l’attesa del giorno che viene, anticipa nel presente e nella sua oscurità la luce del giorno che attende, la luce di un futuro che non è sognato, ma promesso da Dio.