Nella solennità di Ognissanti il vescovo Domenico ha celebrato il pontificale nel duomo di Verona. Così ha detto nell’omelia: «Siamo ormai disabituati post-moderni all’idea della fine, anche se la scienza annuncia che ci sarà una fine, anzi in alcuni casi un collasso. A dire la verità, siamo disabituati a guardare le cose dalla fine e ci limitiamo ad osservarle, in maniera più o meno distratta, soltanto “nel frattempo”; ma così viene meno la visione. Ci sentiamo intrappolati “nel frattempo” e ci tocca vivere senza decifrare che ci succede e soprattutto come andrà a finire e così tiriamo a campare mentre il tempo scorre inesorabile.
Ha poi solennità che la solennità di Tutti i santi e la commemorazione dei morti ci fanno ritrovare una certezza ovvero che ci attende la beatitudine, come ricorda il Vangelo secondo Matteo, che non dei furbi, dei sgominanti, dei predatori, ma di chi vive dignitosamente, accettando le inevitabili contraddizioni dell’esistenza, senza pretendere tutto dagli altri, che cercano di cambiare le cose e coltivano il desiderio di vedere Dio, «senza perdersi dietro i suoi surrogati di sempre».
Secondo mons. Pompili, la storia non è quella raccontata dai libri, dove trionfano i vincenti, ma ha come protagonisti tanti a prima vista perdenti ma che hanno sovvertito l’ordine costituito, perché era consapevoli dell’amore del Padre e dell’identità di figli. La storia non è il fine né la fine, ma il passaggio, «coltivando il desiderio più profondo di vederlo così come Egli, e questo è quanto basta a vivere l’urto di una vita spesso priva di senso. Questo desiderio incompiuto che va coltivato si chiama la fede, che genera la speranza, questa attesa paziente che evita le disperazione».
Quindi ha concluso: «Il santo è chi preserva la speranza ed evita la disperazione».
Nel pomeriggio al Camposanto di Verona è stata celebrata dal vescovo Domenico la liturgia della parola a cui è seguita la processione e la benedizione delle tombe.