CEI, il card. Zuppi al Consiglio permanente: «è tempo di scelte coraggiose»

«Una nuova primavera» è quella che attende la Chiesa italiana dopo il tempo della pandemia. A sostenerlo è il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione al Consiglio episcopale permanente – in corso a Roma fino al 22 marzo – a cui partecipa anche il Vescovo Domenico.

L’ «inverno» del Covid dovrebbe interrogare non solo la Chiesa, ma il contesto sociale, politico ed economico.

«Desidero ricordare l’appello che da Matera abbiamo inviato ai politici, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali» ha sottolineato Zuppi.

«È davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi».

In questo quadro, viene ad inserirsi il Cammino sinodale, a cui anche la Diocesi di Verona ha preso parte già lo scorso anno.

«Nessuno si illude che vi sia la soluzione ad ogni difficoltà né che questo processo sia vissuto da tutti con il medesimo slancio. Quanti si sono coinvolti in questo cammino, a cominciare dai referenti diocesani fino ai componenti del Comitato e della Presidenza del Cammino sinodale, ci raccontano la soddisfazione del percorso fatto insieme, che sta educando progressivamente tutti i protagonisti a uno stile spirituale e pastorale nuovo. Le Chiese hanno dato voce ad una pluralità di soggetti, che hanno mostrato il valore della fede vissuta come esperienza domestica. Questa varietà di soggetti e la loro partecipazione responsabile nelle dinamiche ecclesiali mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla CEI stessa. Penso necessario che non si perda lo slancio di vitalità e creatività, che nel tempo della pandemia ha generato pratiche pastorali nuove nelle forme e nei contenuti.
La Chiesa del post-pandemia e del Cammino sinodale si configura sempre più chiaramente come una Chiesa missionaria, della chiamata e dell’invio di ognuno, che si misura con le domande, le sfide, con la necessità di diffondere una cultura cristiana come chiave per capire e consolare la tanta sofferenza. La pandemia ha posto tutti bruscamente dinanzi ad alcune domande esistenziali fondamentali, come il senso della morte, il perché del dolore innocente, il valore tutto umano della vita dal suo inizio alla sua fine, l’importanza della gratuità, la fragilità. Mi piace immaginare una Chiesa che si faccia carico di queste domande e offra luce e speranza per nuove motivazioni che affranchino dalla paura».

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