Suggestivamente il cammino quaresimale si compie nella Veglia pasquale: quando siamo tutti avvolti dal buio, ma una luce passo dopo passo avanza; e a partire dal Cero tutta la chiesa e tutta l’assemblea si illuminano e gli occhi risplendono pieni di luce. (Messaggio del vescovo Domenico per la Quaresima)
In questa Quaresima siamo invitati a porre lo sguardo sul cero pasquale, protagonista eloquente della Veglia Pasquale. Se è proprio la luce del cero ad illuminare l’assemblea nella liturgia pasquale segnalando la presenza del Risorto, dall’altra anche quando la fiamma è spenta può diventare un segno evocativo per la nostra vita. Infatti, sub contraria specie, il cero pasquale spento disegna plasticamente il dramma dell’attesa del sabato santo, che descrive bene lo stato della nostra esistenza, sospesa tra un già e un non ancora, dove fondamentale è l’atteggiamento della speranza.
Per questo invitiamo a porre all’ingresso della chiesa il cero pasquale spento con affianco una ciotola con della cenere e il testo della preghiera di seguito riportata, che può essere oggetto della preghiera personale dei fedeli. I due temi portanti di questa invocazione trinitaria sono la luce, in continuità con il tema dell’anno pastorale, e la speranza con particolare riferimento all’anno giubilare che stiamo celebrando.
A questo segno si accompagna, per ogni celebrazione domenicale, una monizione introduttiva che richiama di volta in volta una espressione differente del preconio riguardante il cero pasquale. In questo modo si aiutano i fedeli a leggere la pregnanza di questo segno liturgico nel contesto celebrativo perché siano aiutati a vivere una piena partecipazione ai riti della veglia pasquale. È una sorta di piccola iniziazione alla liturgia della luce che si stende lungo tutta la Quaresima, tempo che si costituisce come un passaggio dalla cenere al fuoco nuovo della Pasqua.
Di seguito il Testo della preghiera da porre vicino al cero spento e alla ciotola con la cenere:
Ti rendiamo lode Padre Santo,
perché nella tua infinita misericordia ti sei chinato sulla miseria dell’uomo
e ci hai donato Gesù, tuo Figlio, nostro salvatore, amico, fratello e redentore.
In questa cenere riconosciamo la nostra povertà.
Senza il tuo alito di vita siamo solo polvere al vento.
Cristo Gesù, luce del mondo, donaci la nostalgia di Te.
Aiutaci a preparare il cuore alla Vita nuova della risurrezione.
Fa’ che questo cero spento ci ricordi la necessità di passare dalle tenebre alla luce,
dal buio della notte alla gioia dell’alba, dal peccato alla vita nuova da Figli di Dio.
Signore Tu sei la nostra luce e la nostra unica speranza.
Spirito Santo, amore del Padre, donaci occhi per vedere oltre la tenebra,
suscita in noi il desiderio della luce di Cristo che nasce dal sepolcro vuoto,
perchè si apra per tutti la speranza di un giorno senza tramonto.
Amen.
APPROFONDIMENTO SULLA SIMBOLOGIA DEL CERO PASQUALE
Di seguito l’articolo scritto dalla liturgista Prof.ssa Giuliva Di Berardino per la rivista “Missione Maria”.
Il cero pasquale è un simbolo liturgico della Pasqua. Fin dall’antichità inserito nella celebrazione della grande veglia pasquale, veniva onorato in modo particolare nella “liturgia del cero”. L’antico inno liturgico del Preconio pasquale o Exultet ci fa cantare: “In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode, che la Chiesa ti offre per mano dei suoi
ministri, nella solenne liturgia del cero, frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Riconosciamo nella colonna dell’Esodo gli antichi presagi di questo lume pasquale che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio. Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore, ma si accresce nel consumarsi della cera che l’ape madre ha prodotto per alimentare questa preziosa lampada. Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne. Salga a te come profumo soave, si confonda con le stelle del cielo. Lo trovi acceso la stella del mattino, questa stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti fa risplendere sugli uomini la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.”
In questo testo liturgico cantato all’inizio della veglia pasquale, si fa riferimento per due volte alle api che producono la pura cera d’api, un materiale nobile, che quando viene acceso emana un dolce aroma di miele, insieme a una luce calda, naturale, che favorisce la preghiera. Durante la veglia pasquale, che S. Agostino definiva “la madre di tutte le veglie” perché in essa venivano battezzati i catecumeni, all’esterno della chiesa, viene svolta la benedizione del fuoco a cui segue l’accensione del cero pasquale. Si tratta di un momento molto suggestivo della celebrazione: il cero viene acceso dal fuoco nuovo, simbolo della forza di vita nuova che viene dalla Pasqua. Da quel momento in poi, il cero rappresenterà il Cristo Risorto, Signore del tempo e della storia. Per contemplare questo mistero, la liturgia prevede che il celebrante prenda cinque grani d’incenso e li conficchi alle quattro estremità e al centro di una croce che disegnata sul cero, a simboleggiare le cinque piaghe gloriose di Cristo, delle mani, dei piedi e del costato. Tra canti e preghiere, poi, il cero pasquale viene portato in processione solenne all’interno della chiesa buia, progressivamente illuminata, per mostrare che la luce di Cristo vittorioso avanza nel buio, portando luce e pace.
Nella liturgia tutto è simbolico, ma tutto è vero: i fedeli, il canto, le preghiere, l’arredo, i fiori, e anche il cero, che si può adornare ogni anno in modo nuovo, con arte e fantasia, anche se devono esserci sempre alcuni elementi simbolici fissi. Vediamo quali: le lettere alfa e omega, prima e ultima dell’alfabeto greco, simbolo di Cristo Signore della storia (Ap 1,8); una croce che riporta l’anno in corso posta al centro del cero per indicare che il Risorto è padrone dell’oggi; l’immagine dell’Agnello immolato, antico simbolo del Risorto.
Nel corso della Veglia pasquale il cero viene incensato con tre colpi del turibolo, come il Santissimo Sacramento, la reliquia della santa Croce, le immagini del Signore, le offerte per il sacrificio della Messa, la croce dell’altare, l’Evangeliario, il sacerdote e il popolo.
Secondo le norme liturgiche, viene collocato nella Chiesa, in corrispondenza di due spazi che hanno carattere pasquale: o accanto all’ambone, che simboleggia il sepolcro vuoto (SC7), o accanto all’altare, mensa del sacrificio e memoria del Calvario. Il Messale Romano ci indica le norme esatte: Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare, rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni del tempo pasquale, sia nella Messa, sia a Lodi e Vespri, fino alla domenica di Pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neobattezzati nella celebrazione del Battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero pasquale sia collocato accanto al feretro, ad indicare che la morte è per il cristiano la sua vera Pasqua. Non si accenda il cero pasquale fuori del tempo di Pasqua né venga conservato nel presbiterio (OGMR 25).
Il cero pasquale ci insegna più di un grande discorso: Gesù nella sua Pasqua si è consumato davanti a Dio, per amore degli uomini, così anche la Chiesa bruciando ogni anno il cero, fa salire al cielo il suo fumo come profumo soave, come sacrificio di lode.
Contemplando ardere la luce del cero pasquale, ricorderemo che Cristo Risorto è Signore del tempo e della storia, che in Lui ogni peccato è perdonato. Riconosceremo che siamo chiamati a vivere accesi, illuminati, a consumarci per gli altri, a proclamare che Cristo Risorto è la nostra pace, fino alla fine dei tempi.